Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari della provincia di Varese
martedì 24 ottobre 2017 | in NEWS
Per le tasse sugli affitti brevi è una piccola rivoluzione. Finora si è parlato molto della ritenuta applicata dagli intermediari immobiliari, che è stata versata la prima volta lunedì 16 ottobre e per la quale mercoledì scorso il Tar del Lazio ha bocciato l’istanza di sospensiva da parte di Airbnb.
Eppure, una volta superate le difficoltà applicative del nuovo adempimento, molti proprietari di case affittate si accorgeranno che le vere novità derivanti dal decreto legge 50/2017 e dalla circolare 24/E riguardano la possibilità di scegliere la cedolare (e il soggetto che può sceglierla).
Affitti brevi (e non)
Quando si parla di «affitto breve», il Fisco intende la locazione di una casa, con una durata non superiore a 30 giorni, eseguita da soggetti che non esercitano attività d’impresa. Quindi, sono esclusi gli affitti a società e imprese (uso foresteria, ad esempio), ma anche le locazioni siglate da chi opera con partita Iva.
Fin qua non è una definizione rivoluzionaria, ma per i contratti stipulati dal 1° giugno scorso in poi, il campo di ciò che può essere considerato “affitto breve” si allarga a comprendere:
La scelta e il tipo di redditi
In tutte queste situazioni, si può scegliere la cedolare secca, con aliquota al 21 per cento. Ma chi può fare l’opzione? E chi deve dichiarare il reddito? E di quale reddito si tratta?
Se si tratta di una locazione “classica”, si ha un reddito di fabbricati e la scelta della cedolare tocca al proprietario (che nel caso dei contratti brevi la esprimerà direttamente in dichiarazione dei redditi).
Nel caso del comodato, invece, si ha uno sdoppiamento: il comodatario (il figlio, nel nostro esempio) potrà scegliere la cedolare al 21% calcolata sul canone, cosa che in precedenza gli era preclusa, almeno interpretando alla lettera le indicazioni fornite a suo tempo dalle Entrate (provvedimento del 7 aprile 2011). Ipotizzando un incasso di 1.500 euro - pari a dieci weekend in locazione a 150 euro l’uno - significa chiudere i conti con il Fisco con 315 euro. Il comodante (cioè il genitore) dovrà invece dichiarare l’eventuale reddito fondiario. Superando i 30 giorni di durata del singolo contratto, però, si ricade nella regola ordinaria e dichiara tutto e il comodante.
Nei casi di sublocazione breve, infine, il sublocatore potrà scegliere se trattare i proventi come redditi diversi o applicare la cedolare al 21 per cento. Il tutto con un’avvertenza: anche il locatore continuerà a poter scegliere la cedolare sull’affitto per così dire “principale” - cosa che gli era consentita già prima - e dunque si potrebbero avere due opzioni per la stessa casa.
Gli altri servizi
L’estensione della cedolare permette un buon risparmio. Se si resta alla tassazione ordinaria, infatti, i 315 euro dell’esempio precedente possono facilmente raddoppiare, per chi si colloca nello scaglione Irpef del 38% e deve aggiungere le addizionali comunali e regionali (anche se nel caso dei redditi diversi va esplorata la possibilità di dedurre le spese sostenute). Resta comunque un quadro complesso, che imporrà ai proprietari di individuare bene l’ambito in cui ricadono.
Una (parziale) semplificazione deriva dalla possibilità di trattare come affitti brevi - con tutte le regole viste fin qui - anche quelli in cui vengono offerti i servizi accessori come la fornitura di biancheria, la pulizia e le utenze (compreso il wi-fi). Se però ci sono servizi extra, bisogna dire addio alla cedolare.
L’aliquota al 10%
Sempre sul fronte della cedolare, la legge di Bilancio 2018 dovrebbe confermare a regime la flat tax al 10% sugli affitti concordati (altrimenti destinata a salire al 15% dal 2018). Giovedì scorso, il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, si è detto tranquillo sulla possibilità di una stabilizzazione. L’aliquota al 10% non interessa le locazioni brevi, ma ha un impatto tutt’altro che trascurabile per i proprietari.
Fonte "Il Sole24Ore"