Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari della provincia di Varese
venerdì 24 maggio 2019 | in NEWS
Mancando una norma espressa sul punto, per rispondere a questa domanda non si può che partire dall’analisi di quelle disposizioni del codice civile che potrebbero trovare applicazione al caso concreto.
Prima della riforma del diritto di famiglia, l’art. 692, ultimo comma disponeva che era nulla ogni disposizione con la quale il testatore proibiva all’erede di disporre per atto tra vivi o di ultima volontà dei beni ereditari.
Da questa norma in tema di sostituzione fedecommissaria si ricavava l’inammissibilità del divieto testamentario di alienazione.
Dopo la legge 151/75 questo comma non è stato riprodotto e parte della dottrina ha argomentato questa scelta con la volontà del legislatore di aprire alla possibilità di ricorrere a tale divieto per testamento. Inoltre, l’art. 1379 c.c., in tema di alienazione convenzionale, disciplina espressamente il divieto di alienazione stabilendo che questo è un accordo che ha effetto solo tra le parti e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti.
La domanda che sorge spontanea è: pur mancando una norma espressa nella disciplina testamentaria, si può applicare in via analogica il disposto dell’art. 1379 c.c.?
Il divieto di alienazione per testamento
Come detto, dopo la riforma del diritto di famiglia, parte della dottrina era giunta ad affermare la possibilità di un divieto testamentario di alienazione senza limitazioni di sorta argomentando dalla mancata riproduzione del disposto dell’ultimo comma dell’art. 692 c.c.
In contrario, è stato immediatamente osservato che quello che è uscito dalla finestra è rientrato dalla porta poiché l’ipotesi disciplinata nel vecchio 4° comma dell’art. 692 c.c. deve ritenersi oggi ricompresa nel nuovo 5° comma post riforma.
Infatti, questa disposizione dispone espressamente che al di fuori dell’ipotesi della sostituzione fedecommissaria (ove il legislatore eccezionalmente riconosce la possibilità di istituire erede un soggetto interdetto con l’obbligo di conservare e restituire i beni ereditari alla propria morte al soggetto che avrà avuto cura di lui), non si ammettono situazioni analoghe.
Va detto però che non tutti i divieti di alienazione debbono per forza inquadrarsi in fattispecie analoghe alla sostituzione fedecommissaria anzi di norma vengono imposti al fine di limitare la libera disponibilità sul bene del beneficiario.
L’art. 1379 cc negli atti tra vivi
Peraltro proprio l’abrogazione del 4°comma dell’art. 692 sembra di fatto aver affrancato per sempre il divieto testamentario di alienazione dalla sostituzione fedecommissaria, che già in passato mal si conciliava con l’ampiezza dei poteri riconosciuti all’autonomia testamentaria, ragion per cui l’ammissibilità di un siffatto divieto dovrà ricercarsi giocoforza nei principi che regolano gli atti tra vivi.
In primis, viene in rilievo proprio il principio di libera circolazione dei beni che sembra aver perso la sua qualificazione di ordine pubblico, tanto che lo stesso art. 1379 c.c. ne disciplina una eccezione. (art. 1379 cc: Il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti, e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti”.
In secundis, pur volendosi affermare che il divieto di alienazione intacchi il principio del numerus clausus dei diritti reali, di fatto elidendo il potere di disposizione insito nel diritto di proprietà, deve, di contro, affermarsi che tale ricostruzione non è condivisibile ove si riconosca la sicura efficacia meramente obbligatoria del divieto stesso, che non limita il potere di disporre del bene ma al massimo impone il risarcimento del danno in caso di inadempimento
Quali sono i limiti del’art. 1379 cc applicabili al testamento?
Alla luce di quanto detto sinora, deve ammettersi la possibilità per il testatore di effettuare un lascito gravato da un onere consistente nel divieto di alienazione del bene che ne è l’oggetto purché si rispettino i medesimi limiti imposti dall’art. 1379 c.c. per il divieto di fonte contrattuale.
Questa norma si compone, quindi, di tre elementi:
Merita particolare attenzione la questione relativa al termine massimo di durata del divieto testamentario di alienazione. Come detto, il legislatore parla di solo un conveniente limite di tempo per le ragioni sopra esposte ma è possibile ricavare da un’altra norma uno spunto per rinvenire un termine massimo da applicare analogicamente. In effetti, l’art. 713, al 3° comma c.c., in tema di divisione testamentaria, riconosce al testatore il potere di vietare che la divisione dell’eredità o di alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termino non eccedente il quinquennio.
In entrambe le fattispecie, divieto di alienazione e obbligo di permanenza in comunione, il testatore limita con efficacia obbligatoria la libertà di disporre dell’erede. Non vi è dubbio che dividere e alienare siano due modi di “trasferire” un diritto. Da ciò, la dottrina ha ritenuto di poter applicare analogicamente il termine di cinque anni dettato in tema di divisione ereditaria anche quale limite massimo per il divieto testamentario di alienazione.
Fonte "Blog del Notaio Massimo d'Ambrosio"