Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari della provincia di Varese
lunedì 6 novembre 2017 | in NEWS
Euribor è una parola che gli italiani continuano inevitabilmente ad accostare ai mutui variabili, che nonostante la spiccata preferenza accordata negli ultimi mesi ai prodotti a tasso fisso rappresentano pur sempre i due terzi dei prestiti immobiliari al momento in mano alle famiglie del nostro Paese. Certo, ormai da qualche anno il parametro che serve a determinare il valore di ciascuna rata mese dopo mese non fa parlare più di sé, se non per il fatto di aver raggiunto un valore addirittura negativo.
Molti però non avranno dimenticato quel periodo in cui, ormai quasi dieci anni fa, la situazione era completamente capovolta e gli sbalzi di volatilità (soprattutto al rialzo come quelli successivi alla crisi subprime e al crack Lehman) misero in seria difficoltà un significativo numero di debitori nei confronti delle banche. Proprio per questo una riforma del processo di calcolo dell’Euribor che in teoria potrebbe comportare oscillazioni del tasso forse superiori a quanto si sia visto con il precedente metodo non è cosa che faccia dormire sonni tranquilli.
Encefalogramma piatto (per ora)
Oggi per la verità il grafico dell’Euribor somiglia a un encefalogramma piatto, e di volatilità ne vedremo probabilmente poca anche nel prossimo futuro, visto che la rimozione dello stimolo monetario del piano Draghi (che ha contribuito al crollo sottozero dei suoi valori) avverrà a un ritmo estremamente graduale e per vedere il primo rialzo dei tassi da parte della Bce occorrerà attendere almeno la seconda metà del 2019. Ma la durata di un mutuo è per definizione pluridecennale, quindi si dovrà mettere pure in conto un ritorno a situazioni di mercato più «normali» rispetto alla situazione attuale artificialmente creata dalla liquidità immessa dalle Banche centrali: fasi dettate dal ciclo economico che, per definizione, sono necessariamente più movimentate.
Al di là dell’eterno dilemma fra fisso e variabile, che in linea di massima non dovrebbe essere influenzato dal metodo di calcolo del tasso, il suggerimento degli operatori sarebbe di orientarsi verso un prodotto che determina la rata rilevando il parametro di riferimento (Euribor, ma anche Irs) non sulla base di una singolo valore giornaliero, ma su una media di periodo, mensile o addirittura trimestrale. «Questo permetterebbe sia di ridurre le potenziali oscillazioni di una rata, sia di prevedere in modo migliore, per quanto possibile, il suo andamento nel breve termine», conferma Roberto Anedda, direttore marketing del broker MutuiOnline.it.
Il precedente dell’indicizzazione al tasso Bce
In fin dei conti anche lo stesso mutuo variabile agganciato al tasso Bce, ora caduto pressoché nel dimenticatoio, era stato creato quasi dieci anni fa proprio per limitare al minimo le brutte sorprese legate all’Euribor. Il problema però è che la maggior parte dei prestiti casa a tasso variabile presenti al momento sul mercato italiano continua a calcolare la rata prendendo un singolo valore del discusso parametro, in genere il primo o l’ultimo di un mese: lo fanno per esempio 13 dei 21 (cioè il 62%) prodotti disponibili sulla piattaforma MutuiOnline, un campione piuttosto significativo di banche visto che rappresenta oltre l’80% dell’erogato su scala nazionale.
Questione di dettagli (o no?)
Potrebbe apparire una questione di dettagli, a maggior ragione se si pensa all’andamento recente dell’Euribor, ma il «diavolo» spesso si nasconde proprio in questi particolari. Basta infatti confrontare i valori massimi e minimi raggiunti dal «vecchio» Euribor in ciascun mese dal 1999 in poi con la media registrata nel corrispondente periodo per scoprire che le cose non sono sempre filate via lisce come negli ultimi anni condizionati dal quantitative easing.
Nel periodo successivo al fallimento di Lehman Brothers, come si nota nel grafico, la differenza fra media mensile e valore massimo ha anche oltrepassato il punto percentuale. E non si tratta certo di uno scarto di poco conto, se si pensa che per un mutuo medio da 120mila euro comporta una spesa aggiuntiva per interessi di quasi 60 euro mensili ai danni di chi ha avuto la «sfortuna» di vedersi fissare la rata proprio nel giorno del picco del tasso.
Si può legittimamente obiettare che nel lunghissimo periodo che caratterizza la durata di un prestito immobiliare le coincidenze sfavorevoli tendono a compensarsi con quelle favorevoli, così come avviene per i cicli economici al rialzo e al ribasso. Ma la volatilità eccessiva che non giova a nessuno e che può creare grossi grattacapi alle famiglie si potrebbe evitare con poco.
Fonte "Il Sole24ore"