Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari della provincia di Varese
mercoledì 19 giugno 2019 | in NEWS
Il concetto di abitabilità degli edifici fa ingresso nel nostro ordinamento con l’art. 221, primo comma, del regio decreto 27 luglio 1934, n° 1265 (testo unico delle leggi sanitarie), secondo il quale gli edifici urbani o rurali, o parti di essi, di nuova costruzione, oppure già esistenti ma oggetto di ricostruzione o sopraelevazione, ovvero di modificazioni che comunque possono influire sulle condizioni di salubrità, non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità.
di Paolo Tonalini notaio
La norma è stata abrogata, limitatamente alla disciplina per il rilascio del certificato di abitabilità, dall’art. 5, d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, a sua volta abrogato dall’art. 136, comma 2, lettera m), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a decorrere dall’1 gennaio 2002. Questo ultimo termine è stato prorogato al 30 giugno 2002, dall’art. 5-bis, comma 1, d.l. 23 novembre 2001, n. 411, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 dicembre 2001, n. 463 e, successivamente, al 30 giugno 2003 dall’art 2, comma 1, d.l. 20 giugno 2002, n. 122, convertito con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2002, n. 185.
Il 1 gennaio 1995 è entrato in vigore il d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, che ha dettato una nuova regolamentazione per il rilascio del certificato di abitabilità, abrogando sia il primo comma dell’art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie (limitatamente alla disciplina per il rilascio del certificato di abitabilità), sia il decimo comma dell’art. 4 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni nella legge 4 dicembre 1993, n. 493. Quest’ultima norma aveva previsto che in caso di mancato rilascio del certificato di abitabilità nei termini previsti dalla legge, esso potesse essere sostituito, in via provvisoria, da una dichiarazione redatta ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni, sotto la propria responsabilità, da un professionista abilitato.
L’art. 4 del d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425 aveva introdotto un nuovo procedimento per il rilascio del certificato di abitabilità. Alla domanda presentata al sindaco dovevano essere allegati il certificato di collaudo, la dichiarazione presentata per l’iscrizione al catasto dell’immobile, restituita dagli uffici catastali con l’attestazione dell’avvenuta presentazione, e una dichiarazione del direttore dei lavori che doveva certificare, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato, l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti. Il rilascio del certificato avrebbe dovuto avvenire entro trenta giorni, entro i quali il sindaco poteva disporre un’ispezione. Il termine poteva essere interrotto una sola volta dall’amministrazione per richiedere ulteriori documenti, e iniziava nuovamente a decorrere dalla presentazione degli stessi. In caso di silenzio, decorsi quarantacinque giorni dalla presentazione della domanda (o dalla produzione dei documenti integrativi richiesti) l’abitabilità si intendeva attestata (silenzio assenso). Il sindaco poteva comunque disporre l’ispezione nei successivi centottanta giorni, ed eventualmente dichiarare la non abitabilità. Solo dopo il decorso di questo termine, l’abitabilità si intendeva definitivamente attestata.
L’art. 24 del d.P.R. 06 giugno 2001, n. 380 ha disciplinato il certificato di agibilità, che attestava la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, ed era rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con riferimento agli interventi di nuova costruzione, ricostruzione o sopraelevazione, totale o parziale, e agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.
Il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività, o i loro successori o aventi causa, erano tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilità entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura dell’intervento, allegando copia della dichiarazione presentata per la iscrizione in catasto.
Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, previa eventuale ispezione dell’edificio, avrebbe dovuto rilasciare il certificato di agibilità previa verifica della relativa documentazione.
Trascorso inutilmente il suddetto termine, l’agibilità si intendeva attestata per silenzio assenso se era stato rilasciato il parere dell’A.S.L., mentre in caso di autodichiarazione il termine per la formazione del silenzio-assenso era di sessanta giorni.
La segnalazione certificata di agibilità
Il certificato di agibilità è stato sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità a partire dall’11 dicembre 2016.
La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità, sono oggi attestati da un professionista mediante la “segnalazione certificata di agibilità” (art. 24 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera i, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222).
La novità sostanziale consiste nell’assunzione di responsabilità da parte del professionista, tenuto ad attestare la sussistenza dei requisiti di legge.
Il titolare del permesso di costruire, o chi ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, deve presentare la segnalazione certificata di agibilità allo sportello unico per l’edilizia del Comune competente, entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura. La domanda può essere presentata anche dai successori o aventi causa, quindi non solo dal costruttore ma anche dall’acquirente del fabbricato.
La segnalazione certificata di agibilità deve essere presentata per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali), e per gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.
La mancata presentazione della segnalazione certificata di agibilità comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che da 77 a 464 euro.
Non è più prevista, invece, alcuna sanzione per l’utilizzo di un fabbricato non agibile, a meno che sia stata emessa un’ordinanza di sgombero.
La segnalazione certificata di agibilità può riguardare anche singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni; oppure può riguardare singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale.
La segnalazione certificata di agibilità è corredata dalla seguente documentazione:
– attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni necessarie;
– certificato di collaudo statico;
– dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori;
– dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche;
– estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
– dichiarazione dell’impresa installatrice, che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico prescritte dalla disciplina vigente ovvero, ove previsto, certificato di collaudo degli stessi.
L’edificio può essere utilizzato a partire dalla data di presentazione allo sportello unico della segnalazione certificata di agibilità, corredata della documentazione descritta.
La presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce comunque la dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso, ricorrendone i presupposti, ai sensi dell’art. 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (art. 26 del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222).
L’agibilità dei fabbricati preesistenti
L’attuale formulazione del art. 24 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera i, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 dispone che la segnalazione certificata di agibilità deve essere presentata:
1.per le nuove costruzioni;
2.per le ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali);
3.per gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.
Una disposizione simile era contenuta nella formulazione originaria del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), entrato in vigore definitivamente il 30 giugno 2003, con riferimento al certificato di agibilità.
A partire dall’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia, pertanto, il certificato di agibilità doveva essere richiesto (e ora la segnalazione certificata di agibilità deve essere presentata) solo per le nuove costruzioni (o ricostruzioni e sopraelevazioni) e per gli edifici già esistenti nei quali siano eseguiti alcuni interventi edilizi indicati dalla legge.
Non esiste invece una specifica disposizione che preveda l’obbligo di presentare la segnalazione certificata di agibilità per le vecchie costruzioni che non siano state oggetto di interventi successivamente all’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia (30 giugno 2003), il quale ha abrogato tutta la disciplina previgente.
L’agibilità negli atti di trasferimento della proprietà
Nel nostro ordinamento non esiste una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza dei requisiti di agibilità, e pertanto neppure una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza del certificato di agibilità ovvero, oggi, in mancanza della presentazione della segnalazione certificata di agibilità.
Sicuramente l’atto con il quale viene alienato un fabbricato privo di agibilità non è nullo: manca una norma in tal senso, e la giurisprudenza non ha mai affermato la nullità dell’atto.
Il problema riguarda dunque il rapporto tra le parti, che anzitutto devono essere correttamente informate su questo aspetto, e poi devono raggiungere un accordo tra di esse, che è opportuno sia espressamente documentato nell’atto di compravendita (e, auspicabilmente, già nel contratto preliminare).
Quando viene venduto un fabbricato il venditore deve normalmente garantire la presenza dei requisiti di agibilità, perché se questi non sono presenti l’edificio è privo di una qualità essenziale per l’uso a cui è destinato.
L’unica eccezione si può avere quando l’acquirente dichiara espressamente di essere consapevole della mancanza dei requisiti di agibilità, e di voler acquistare ugualmente il fabbricato.
Una simile situazione è ovviamente anomala, e non può mai essere presunta: deve risultare inequivocabilmente dal contratto.
Normalmente, dunque, il venditore è responsabile dell’agibilità del fabbricato e in mancanza dei requisiti l’acquirente può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno subito.
Se è presente la certificazione di agibilità, il venditore che ne sia in possesso deve senz’altro consegnarla all’acquirente.
Se l’agibilità era stata attestata per silenzio assenso, il venditore deve consegnare all’acquirente una copia della domanda, corredata dei relativi allegati, con la ricevuta della presentazione, e dichiarare che è decorso il termine previsto dalla legge e non sono stati emessi provvedimenti di sospensione o diniego. Sarebbe ancora meglio, in questi casi, se si riuscisse a ottenere dal Comune una dichiarazione circa l’avvenuta presentazione della domanda e il decorso del termine per il silenzio assenso.
Se invece è stata presentata la segnalazione certificata di agibilità, il venditore deve consegnarne all’acquirente una copia, corredata dei relativi allegati, con la ricevuta della presentazione allo sportello per l’edilizia.
Per gli edifici di vecchia costruzione, realizzati prima dell’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia, può comunque accadere che non esista alcuna documentazione, o non sia possibile reperirla, neppure mediante accesso agli atti del Comune; in tal caso il venditore non potrà fare altro che garantire la presenza dei requisiti di agibilità, assumendosene la responsabilità nei confronti dell’acquirente.
Nel caso dei fabbricati di nuova costruzione la documentazione attestante l’agibilità non può mancare, ma può accadere che le parti si accordino per stipulare l’atto di compravendita prima che sia stata presentata la segnalazione certificata di agibilità. In tal caso il venditore deve garantire la presenza dei requisiti di agibilità, e rimane obbligato a presentare la segnalazione certificata di agibilità entro i termini di legge, anche successivamente alla stipula dell’atto, a meno che l’acquirente dichiari espressamente di farsene carico.
La giurisprudenza sulla mancanza dell’agibilità
La giurisprudenza, già a partire dagli anni ottanta, considera l’agibilità come un requisito essenziale del fabbricato oggetto di compravendita.
La mancanza dell’agibilità non è considerata un semplice vizio dell’immobile (ancorché di tale gravità da rendere la cosa oggetto della vendita inidonea all’uso rispetto al quale era destinata); si tratta invece di aver consegnato una cosa al posto di un’altra, cioè di quella convenuta (la cosiddetta consegna di “aliud pro alio”), che comporta l’inadempimento del venditore, e di conseguenza la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.
L’agibilità è infatti considerata come “un elemento che caratterizza l’immobile in relazione alla sua intrinseca capacità di assolvere una certa destinazione economico-sociale e quindi di soddisfare i concreti bisogni dell’acquirente” (Cass. civ., 20 dicembre 1985, n. 6542, poi ripresa da numerose altre sentenze successive).
In mancanza di diverso accordo intervenuto tra le parti, la giurisprudenza ritiene che la garanzia circa la presenza dei requisiti di agibilità sia insita nella qualificazione di un’unità immobiliare come “abitazione”.
La Corte di Cassazione ha infatti ribadito in diverse occasioni che il requisito dell’agibilità (abitabilità) deve ritenersi implicito, a meno che sia stato espressamente convenuto fra le parti che il fabbricato in oggetto possa esserne privo (così già Cass. 20 agosto 1990, n. 8450).
La Suprema Corte ha inoltre precisato che “la sola conoscenza da parte del compratore del mancato rilascio della licenza di abitabilità (…), non accompagnato da una rinuncia da parte dello stesso al requisito dell’abitabilità, (…), non vale ad escludere l’inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio” (Cass. civ., 10 giugno 1991, n. 6576).
La più recente pronuncia della Corte di Cassazione sull’argomento, riprendendo quanto già in precedenza sostenuto dalla Suprema Corte, afferma che “integra ipotesi di consegna di aliud pro alio il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l’insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica”; e che “il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l’immobile stesso è incommerciabile” e “la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l’eccezione di inadempimento” (Cassazione civile, 30 gennaio 2017, n. 2294).
Il termine “incommerciabile” evoca inevitabilmente la situazione dei fabbricati oggetto di abuso edilizio, il cui trasferimento è vietato dalla legge, che prevede la nullità dell’atto eventualmente stipulato.
Si tratta tuttavia di un termine utilizzato in modo impreciso, ovvero non tanto nel suo significato giuridico letterale, ma nel senso di “bene che presenta problemi di commerciabilità” dal punto di vista pratico, secondo la definizione più corretta già utilizzata dalla Corte di Cassazione in precedenti sentenze (per esempio in Cass. civ., 20 aprile 2006, n. 9253).
Ciò risulta chiaramente dalle conseguenze che trae la stessa Suprema Corte dalla mancanza dei requisiti di agibilità, ovvero la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento del danno, e non la nullità dell’atto.
Non si tratta, dunque, di vendita di un bene “fuori commercio”, ma di un’ipotesi di consegna di “aliud pro alio”.
Dall’esame della sentenza, risulta inoltre che, nel caso portato all’esame dei giudici, il venditore si era espressamente impegnato a ottenere il rilascio del certificato di agibilità, così garantendo, implicitamente, la presenza dei requisiti di agibilità, senza i quali il certificato non avrebbe potuto essere rilasciato.
La risoluzione del contratto di compravendita, pronunciata dai giudici di merito e confermata dalla Corte di Cassazione, deriva pertanto, anche in questo caso, dall’assenza dei requisiti di agibilità (senza i quali il certificato non ha potuto essere rilasciato, neppure dopo la stipula dell’atto) e non dalla semplice mancanza della certificazione, che in presenza dei requisiti avrebbe potuto essere facilmente rilasciata in un momento successivo).
La maggior parte dei casi portati all’attenzione della Corte di Cassazione riguardavano infatti la mancanza dei requisiti sostanziali di agibilità (la cui conseguenza era, ovviamente, l’impossibilità di ottenere una certificazione dell’agibilità), e non la semplice assenza della certificazione. In tali ipotesi, la Suprema Corte non aveva motivo di sottolineare la distinzione tra la mancanza dei requisiti di agibilità e la mancanza di una certificazione documentale dell’agibilità.
In alcune sentenze, però, si è soffermata sulle conseguenze della semplice mancanza della certificazione di agibilità (anche in presenza dei requisiti), affermando che in tal caso l’acquirente non è legittimato a chiedere la risoluzione del contratto, ma solo il risarcimento del danno (Cass. civ., 3 luglio 2000, n. 8880; Cass. civ., 22 novembre 2006, n. 24786; Cass. civ., 18 marzo 2010, n. 6548).
Requisiti e certificazione
La legge richiede la certificazione dell’agibilità soltanto al termine della costruzione o degli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di agibilità. Sotto questo profilo, non è in alcun modo previsto un adeguamento degli edifici alle normative sopravvenute, neppure in caso di alienazione dell’edificio, a meno che sia eseguito un intervento che incida sulle condizioni di agibilità.
Se così non fosse, saremmo obbligati a ottenere una nuova certificazione di agibilità di tutti gli edifici esistenti, ogni volta che cambia una norma relativa a uno qualsiasi degli aspetti che incidono sui requisiti di agibilità previsti dalla legge (e dunque, per esempio, dovremmo via via adeguare l’impianto elettrico alle sopraggiunte nuove normative, per ottenere una dichiarazione di conformità da allegare a una nuova richiesta di agibilità).
Questo vale anche in caso di vendita dell’edificio. Il venditore non è obbligato ad adeguare l’edificio alle normative vigenti, né a richiedere una nuova certificazione dell’agibilità.
Se il venditore è in possesso del certificato di agibilità, esso è riferito alla normativa che era in vigore all’epoca della fine dei lavori (di costruzione o modifica essenziale), pertanto attesta la conformità ai requisiti allora vigenti, che sono inevitabilmente diversi da quelli attuali (fatta eccezione, ovviamente, per la vendita di edifici appena ultimati). Ciò nonostante, non si dubita che sia sufficiente consegnare all’acquirente quella certificazione.
Può accadere, però, che il venditore non sia in possesso della certificazione dell’agibilità. Per gli edifici di costruzione più recente, è sufficiente eseguire un accesso agli atti del Comune per ottenere copia del certificato di agibilità, o quantomeno della domanda presentata, e spesso si riesce a ottenere anche una dichiarazione circa l’avvenuto decorso del termine per il silenzio assenso.
Per gli edifici la cui costruzione risale più indietro nel tempo, invece, può accadere, con una certa frequenza, che il Comune non sia in grado di recuperare nei propri archivi la documentazione. Ciò può dipendere dal fatto che la certificazione dell’agibilità non sia mai stata richiesta, ma anche dalla mancata conservazione della documentazione da parte del Comune, per i motivi più diversi.
In questo caso, il problema non può essere risolto con la presentazione di una nuova richiesta della certificazione di agibilità, perché questa verrebbe trattata secondo la normativa vigente, e ciò, per gli edifici di vecchia costruzione, vorrebbe dire dover eseguire una serie di lavori per adeguarli alle nuove norme. In molti casi ciò risulterebbe impossibile.
E’ dunque opportuno distinguere due diverse ipotesi.
A) Mancanza dei requisiti di agibilità
La prima ipotesi è quella in cui la mancanza della certificazione deriva dalla mancanza dei requisiti di agibilità (previsti all’epoca della fine lavori), che ne hanno reso impossibile la certificazione.
La mancanza dei requisiti di agibilità, senza che l’acquirente ne sia consapevole, fa sì che la vendita dell’edificio integri l’ipotesi di consegna di “aliud pro alio”, con conseguente diritto dell’acquirente di ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.
B) Mancanza della certificazione di agibilità
La seconda ipotesi è quella in cui l’edificio aveva tutti i requisiti di agibilità previsti all’epoca della fine lavori, ma la certificazione non era stata richiesta, oppure era stata a suo tempo ottenuta ma non è più reperibile.
La mancanza della certificazione di agibilità, non dovuta all’assenza dei requisiti, non comporta la vendita di aliud pro alio, ma può essere considerata un vizio dell’immobile, e determinare pertanto un risarcimento del danno, se non è stata espressamente dichiarata dal venditore e accettata dall’acquirente.
In entrambe le ipotesi è opportuno che il problema sia affrontato dalle parti e regolamentato con una clausola inserita nell’atto di compravendita.
Il notaio e l’agibilità
Come abbiamo visto, l’assenza dei requisiti di agibilità (o della certificazione di agibilità) non comporta la nullità dell’atto di compravendita.
Alla luce della giurisprudenza più recente, però, è possibile che il notaio sia considerato responsabile della corretta informazione delle parti anche su questo argomento, pertanto è opportuno che nell’atto sia fatta risultare la situazione dell’edificio sotto il profilo dell’agibilità, e l’accordo delle parti circa le garanzie fornite dal venditore e la documentazione di cui l’immobile è dotato.
Naturalmente sarebbe preferibile che l’argomento venisse affrontato nell’ambito delle trattative, prima della stipula del contratto preliminare di compravendita, nel quale dovrebbe essere inserita una clausola in tal senso.
Se ciò non avviene, però, è opportuno che il problema sia segnalato dal notaio prima della stipula dell’atto di compravendita, informando le parti, sollecitando una verifica sulla situazione dell’edificio (anche con l’intervento di un tecnico) e formulando una clausola conforme alla volontà delle parti.
Le clausole sull’agibilità
Per evitare future controversie tra le parti, è opportuno che dall’atto di compravendita risulti espressamente la situazione dell’immobile in relazione all’agibilità.
Per gli edifici di nuova costruzione (o ristrutturazione), venduti direttamente dal costruttore, quest’ultimo deve naturalmente consegnare all’acquirente la certificazione di agibilità (o quantomeno obbligarsi a presentare la segnalazione certificata di agibilità entro un termine preciso, nel caso in cui essa non sia ancora stata presentata).
“La parte alienante garantisce che l’unità immobiliare in oggetto possiede tutti i requisiti richiesti dalla legislazione vigente sotto il profilo dell’agibilità, e si obbliga a presentare al Comune competente la segnalazione certificata di agibilità, corredata di tutti gli allegati previsti dalla legge, entro e non oltre ……. giorni da oggi.”
Per gli edifici di vecchia costruzione, quando essi sono dotati di una certificazione dell’agibilità, la sua menzione nell’atto potrebbe essere accompagnata dalla precisazione che essa è stata ottenuta in conformità alla normativa vigente all’epoca della fine dei lavori (di costruzione o di ristrutturazione), che non corrisponde necessariamente a quella attualmente in vigore.
“La parte alienante consegna alla parte acquirente la certificazione di agibilità dell’unità immobiliare in oggetto, rilasciata in conformità alla legislazione vigente al momento della fine lavori.”
In mancanza della certificazione, è opportuno precisare nell’atto se il venditore garantisce la presenza dei requisiti di agibilità, assumendosene la responsabilità nei confronti dell’acquirente. In ogni caso, dovrà risultare che l’acquirente è a conoscenza della mancanza della certificazione di agibilità (ed eventualmente anche della mancanza dei requisiti), e intende comunque acquistare l’immobile.
Possiamo ipotizzare una clausola con cui il venditore non si assume alcuna responsabilità circa la presenza dei requisiti di agibilità (non solo l’assenza del certificato, dunque, ma anche i requisiti che deve avere la costruzione per essere agibile), e l’acquirente accetta di acquistare l’abitazione anche se inagibile.
“La parte alienante dichiara di non essere in possesso della certificazione di agibilità dell’unità immobiliare e non fornisce alcuna garanzia circa la presenza dei requisiti richiesti dalla legge per il suo rilascio. La parte acquirente prende atto dell’assenza della certificazione di agibilità, e dichiara di non considerare qualità essenziale del fabbricato la presenza dei requisiti di agibilità, avendone tenuto conto nella determinazione del prezzo della compravendita.”
Questa clausola può essere utilizzata in alcuni casi particolari (per esempio edifici che l’acquirente intende completamente ristrutturare, per i quali sarà l’agibilità sarà richiesta soltanto a fine lavori).
Questa soluzione, però, non corrisponde di solito alla volontà dell’acquirente.
Per gli edifici di vecchia costruzione, l’acquirente è di solito disposto ad accettare l’assenza della certificazione (che può trovare diverse giustificazioni), ma vuole almeno una garanzia sulla sussistenza dei requisiti di agibilità, cioè non è disposto ad acquistare un fabbricato inagibile.
Occorre dunque contemperare le esigenze del venditore (che non è in possesso di una certificazione, né è in grado di ottenerla) e quelle dell’acquirente (che vuole almeno una garanzia del venditore sulla presenza dei requisiti di agibilità, dato che sta comprando un’abitazione, e non un qualsiasi manufatto privo di caratteristiche specifiche).
E’ però opportuno precisare che i requisiti di cui il venditore si fa garante sono quelli previsti dalla legge al momento della fine lavori (di costruzione o ristrutturazione), e non quelli vigenti al momento del rogito, perché in caso contrario egli sarebbe tenuto ad adeguare l’edificio alle normative vigenti (con particolare riferimento alla conformità degli impianti), cosa che ovviamente non corrisponde alla volontà delle parti.
“La parte alienante garantisce che l’unità immobiliare in oggetto possiede i requisiti di agibilità previsti dalla legge al momento della fine lavori, pur non essendo in possesso della relativa certificazione. La parte acquirente prende atto dell’assenza della certificazione di agibilità.”
Le clausole sull’agibilità nel contratto preliminare
Sarebbe opportuno evidenziare la situazione dell’immobile in relazione all’agibilità già nel contratto preliminare di compravendita, facendo risultare le garanzie e gli impegni assunti dalla parte promittente venditrice, oppure l’eventuale accordo tra le parti per la vendita di un fabbricato privo dei requisiti di agibilità.
Questi sono alcuni esempi di clausole che potrebbero essere inserite nel contratto preliminare di compravendita:
“Il promittente venditore garantisce la presenza dei requisiti di agibilità del fabbricato previsti dalla legge vigente al momento della fine lavori, e si obbliga a consegnare alla parte acquirente la certificazione di agibilità prima della stipula del contratto definitivo di compravendita; dichiara inoltre che dopo la certificazione dell’agibilità non sono stati eseguiti interventi per i quali la legge richiedesse il rilascio di una nuova certificazione.”
“Il promittente venditore garantisce la presenza dei requisiti di agibilità del fabbricato previsti dalla legge vigente al momento della fine lavori, e si obbliga a ottenere la certificazione di agibilità e a consegnarla alla parte acquirente prima della stipula del contratto definitivo di compravendita.”
“Il promittente venditore garantisce la presenza dei requisiti di agibilità del fabbricato previsti dalla legge vigente al momento della fine lavori, ma dichiara di non essere in possesso della certificazione di agibilità, e pertanto di non poterla consegnare alla parte acquirente; il promissario acquirente accetta di acquistare l’immobile anche in mancanza della certificazione di agibilità, prendendo atto della garanzia fornita dal promittente venditore circa la sussistenza dei requisiti di agibilità del fabbricato.”
“Il promittente venditore dichiara di non essere in possesso della certificazione di agibilità dell’unità immobiliare e non fornisce alcuna garanzia circa la presenza dei requisiti richiesti dalla legge per il suo rilascio; il promissario acquirente prende atto dell’assenza della certificazione di agibilità, e dichiara di non considerare qualità essenziale del fabbricato la presenza dei requisiti di agibilità, avendone tenuto conto nella determinazione del prezzo della compravendita.”
Le norme
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
(modificato dal d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222)
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia
Titolo III
Agibilità degli edifici
Capo I
Certificato di agibilità
Art. 24 Agibilità
La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata.
Ai fini dell’agibilità, entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura dell’intervento, il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, o i loro successori o aventi causa, presenta allo sportello unico per l’edilizia la segnalazione certificata, per i seguenti interventi:
a) nuove costruzioni;
b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.
3. La mancata presentazione della segnalazione, nei casi indicati al comma 2, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 77 a euro 464.
4.Ai fini dell’agibilità, la segnalazione certificata può riguardare anche:
a) singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
b) singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale.
5.La segnalazione certificata di cui ai commi da 1 a 4 è corredata dalla seguente documentazione:
a) attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1;
b) certificato di collaudo statico di cui all’articolo 67 ovvero, per gli interventi di cui al comma 8-bis del medesimo articolo, dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori;
c) dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche di cui all’articolo 77, nonché all’articolo 82;
d) gli estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
e) dichiarazione dell’impresa installatrice, che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico prescritte dalla disciplina vigente ovvero, ove previsto, certificato di collaudo degli stessi.
6.L’utilizzo delle costruzioni di cui ai commi 2 e 4 può essere iniziato dalla data di presentazione allo sportello unico della segnalazione corredata della documentazione di cui al comma 5. Si applica l’articolo 19, commi 3 e 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
7.Le Regioni, le Province autonome, i Comuni e le Città metropolitane, nell’ambito delle proprie competenze, disciplinano le modalità di effettuazione dei controlli, anche a campione e comprensivi dell’ispezione delle opere realizzate.
(articolo così sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera i, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222)
Art. 25 Procedimento di rilascio del certificato di agibilità
(articolo abrogato dall’art. 3, comma 1, lettera j, d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222)
Art. 26 Dichiarazione di inagibilità
La presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
(articolo così modificato dall’art. 3, comma 1, lettera k, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222)
Regio decreto 27/07/1934, n. 1265
Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie
Art. 221
Gli edifici o parti di essi indicati nell’articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità.
(norma abrogata “limitatamente alla disciplina per il rilascio del certificato di abitabilità” dall’art. 5 del d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, a sua volta abrogato dall’art. 136, comma 2, lettera m, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)
Art. 222
Il podestà, sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero.
Fonte "Federnotizie"